Spesso i problemi fondamentali, e allo stesso tempo complicati, della nostra società rimangono noti a pochi esperti. Quando parliamo di informatica, web e, più in generale, di tutto ciò che possiamo considerare digitale, questa situazione di disinformazione raggiunge livelli drammatici. Dobbiamo poi ricordare che i rapporti indicano gli italiani come fortemente limitati nelle competenze digitali. Il panorama non può che essere quello di una consapevolezza quasi nulla di ciò che accade in rete. Un esempio è il caso di Cambridge Analytica: tutti ne hanno sentito parlare, ma pochi hanno compreso la portata dello scandalo. In nostro aiuto, in questo caso, arriva Netflix, con il film The Great Hack.
The Great Hack
Nel gennaio 2019 Netflix ha presentato al Sundance Film Festival The Great Hack, rilasciato pochi mesi dopo sulla piattaforma. Il titolo non deve trarre in inganno: spesso intendiamo la parola “hack” come intrusione, o manipolazione, di un dispositivo oppure di un profilo. La traduzione corretta, tuttavia, è violazione. Non c’è stata alcuna penetrazione non autorizzata in questo scandalo, come già ricordato, ma solo uno sfruttamento degli strumenti forniti da Facebook. Fatta questa precisazione, possiamo passare al film, guidati da David Carroll, professore della Parsons School of Design. Noto per aver chiesto alla società inglese di restituire i suoi dati, portandola infine in tribunale, la pellicola prende il via da una sua intervista per poi conoscere gli altri protagonisti della vicenda.
I protagonisti
Il documentario ricostruisce la vicenda di Cambridge Analytica dall’interno, grazie alle interviste di ex dipendenti e amministratori della società. Tra questi compaiono Brittany Kaiser, ex responsabile del business development, e l’ex dipendente Chris Wylie. Proprio quest’ultimo aveva confermato le scoperte di Carole Cadwalladr, la giornalista che per prima si occupò del caso in seguito al reportage su Ebbw Vale.
La stessa giornalista compare nel documentario, raccontando di come sia entrata in contatto, dopo le sue prime indagini, con i legali di Facebook (oltre, ovviamente, quelli della società di profilazione inglese). Le richieste arrivate dai legali di interrompere le ricerche furono viste dalla candidata al Pulitzer come un’intimidazione, conoscendo così il lato oscuro del colosso californiano. Ovviamente le lettere dei legali non l’hanno fatta desistere: al contrario, ha capito il valore del materiale su cui aveva messo le mani.
Compare anche Alexander Nix, amministratore delegato di Cambridge Analytica, dimessosi dopo lo scandalo e le indagini sulla sua attività. Indagato, ha rifiutato di farsi intervistare per il documentario, ma è presente nelle immagini del processo nel Regno Unito. Julian Wheatland, CEO della società, ha invece accettato le interviste per bilanciare la critica alle azioni della società.
The Great Hack: punti forti e debolezze
Il film porta sullo schermo un gran numero di informazioni, rese tuttavia molto comprensibili anche allo spettatore meno preparato. La critica ha infatti riconosciuto il valore del lavoro prodotto e diretto da Jehane Noujaim e Karim Amer, in passato già candidati agli Oscar. In due ore la vicenda della società inglese, così come le colpe di Facebook, vengono illustrate con efficacia. La possibilità di vedere il film su Netflix, oltretutto, ha reso facilmente accessibile la pellicola a un gran numero di persone, data la vasta diffusione del servizio di streaming. L’approvazione dei critici è stata elevata, con un punteggio aggregato su «Rotten Tomatoes» dell’88%, giustificato dalla capacità del film di far luce sulla possibilità di trasformare i dati degli utenti in un’arma per scopi politici e avvertendo lo spettatore dei rischi per le prossime elezioni.
Il film, tuttavia, si concentra troppo sul valore che lo sfruttamento dei dati ha avuto per la vittoria della Brexit e l’elezione di Donald Trump. Indubbiamente le attività di Cambridge Analytica hanno avuto un impatto sulle due campagne elettorali, ma l’effettivo peso di queste strategie non è ancora ben chiaro. Il valore dei propri dati passa come un rischio in periodo di elezioni, con un candidato che certamente vincerà se avrà una capacità di profilazione migliore dell’avversario. Spesso le informazioni sulla strategia di manipolazione del voto attuata da Cambridge Analytica derivano da presentazioni della stessa società, che ovviamente usa toni entusiasti e probabilmente tende ad aumentare gli effettivi risultati raggiunti.
Perché guardare The Great Hack?
Nel complesso il film rimane comunque un’ottima visione, piacevole ma densa di dati utili anche allo spettatore meno informato. La durata limitata (113 minuti) lo rende leggero pur senza sacrificare nulla. Anche gli aspetti più tecnici sono veramente curati, con svariate animazioni degne di nota, così da rendere il film un vero must-see.
A cura di
Federico Villa
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