Con l’improvviso arrivo della pandemia Covid-19, il mondo ha dovuto fare i conti con una quarantena forzata, trasferendo buona parte del mondo del lavoro in smart working. Allo stesso modo, per non penalizzare l’apprendimento, gli organi di istruzione hanno deciso di incentivare lo studio da casa; le classi si sono così trasformate in una vera e propria scuola digitale.
Non mancano tuttavia difficoltà e scetticismi, pertanto abbiamo deciso di analizzare i pro e i contro dell’Istruzione digitale, prendendo in esempio studi e ricerche fatte in questo campo.
Pro: più versatili, meno annoiati
Lo spettro che si aggira da sempre nelle scuole è quello della noia. A quasi nessuno piace alzarsi presto, affrontare un viaggio in treno, trascorrere ore seduti ad ascoltare e poi tornare a casa. Il limite dell’istruzione per i ragazzi noti come “fuori sede” è sempre stato quello di uno stress elevato, dovuto prevalentemente agli spostamenti sulle lunghe distanze.
La scuola digitale, se introdotta ufficialmente, potrebbe ovviare a questo problema, garantendo le stesse ore di lezione a chilometro zero. Attualmente, in Italia esistono poche piattaforme digitali ufficiali usate per organizzare esami e lezioni; un limite non da poco, vista la situazione attuale nei licei e nelle università. Dal 2000 a oggi si è dibattuto molto sull’introduzione di PC nelle aule, specie alla luce di recenti studi (tutt’ora in discussione), secondo cui i nativi digitali studiano più volentieri davanti a uno schermo che davanti ad un libro.
Contro: povertà e scarsa digitalizzazione territoriale
Bisogna, tuttavia guardare l’altro lato della medaglia. L’Italia, purtroppo, vede un divario enorme tra Nord e Sud, un gap che si è allargato enormemente negli ultimi dieci anni. Esistono tutt’ora aree della nazione (specialmente in Lazio, Calabria e Sicilia) in cui interi paesi sono sprovvisti di connessione a banda larga, limitando enormemente il flusso di dati in entrata e in uscita. A livello nazionale, la Lombardia si conferma crocevia dell’innovazione; mentre a livello europeo il nostro Paese presenta poco sviluppo e pochi investimenti.
Se teniamo anche conto della povertà quasi assoluta in cui versano diversi milioni di persone, unita al costo degli apparecchi digitali, ci rendiamo conto di come la digitalizzazione dell’istruzione non farebbe altro che accantonare quelle famiglie non in grado di permettersi un PC o un tablet, avvantaggiando al contrario chi di questi strumenti ne ha fatto la propria quotidianità.
Pro: meno spese scolastiche, minor consumo di carta
Ogni famiglia, mediamente, spende dai 1000 ai 5000 euro l’anno per l’istruzione dei propri figli; questo dato racchiude anche l’acquisto di zaini, diari, penne, quaderni e le rette universitarie. Di contro a queste spese, gli insegnanti ricevono un compenso spesso inadeguato o vanno in cassa integrazione, dal momento che lo Stato investe poco nell’istruzione.
L’istruzione digitale aiuterebbe enormemente tutti dal punto di vista economico, riducendo le spese familiari (ad esempio, comprando solo il pacchetto Office) e permettendo ai governi di incanalare i guadagni verso digitalizzazione e stipendi per gli insegnanti. Da un punto di vista puramente green, la scuola digitale ridurrebbe quasi a zero il consumo spropositato di carta per le fotocopie, che rimarrebbero una scelta individuale dello studente o del docente.
Contro: insegnanti tecnofobici, studenti disonesti
I due più grandi scogli per l’Istruzione Digitale sono proprio i suoi fruitori. L’idea di abbandonare i banchi e sedersi a una scrivania è tutt’ora osteggiata da numerosi insegnanti, che vedono la digitalizzazione come una perdita di interesse verso lo studio “scolastico” e, in particolare, vedono in pericolo la loro cattedra.
Ancora oggi, sono davvero pochi i professori che fanno uso costante di strumenti tecnologici durante le lezioni: i più versatili sono indubbiamente i professori universitari, che spesso si servono di proiezioni e file PowerPoint per approcciarsi meglio ai loro studenti. In ultima posizione cadono invece gli insegnanti dei licei, per un problema di budget dovuto prevalentemente al divario tra scuola pubblica e privata.
Un ulteriore problema è il rischio che alcuni studenti utilizzino la tecnologia per barare durante verifiche ed esami. Ogni anno si sente parlare, in corrispondenza con gli esami di maturità, di numerosi stratagemmi ideati da studenti morosi: dallo smartwatch con le formule di matematica agli auricolari nascosti dietro ai capelli e via dicendo.
E’ vero che la distanza dall’occhio attento dei supervisori potrebbe incentivare l’uso di trucchi da parte degli esaminandi, ma esistono sistemi di sorveglianza studiati apposta per le piattaforme di apprendimento, che permettono ai professori di monitorare l’attività sul desktop dedicato, utilizzato dai ragazzi.
Sono ancora tanti gli interrogativi su questo tema, così come gli ostacoli. Una cosa è certa: la pandemia del 2020 sta, di fatto, spingendo tutti quanti a rivalutare i metodi di studio, spingendoci lentamente ad aprire nuove prospettive.
A cura di
Francesco Antoniozzi
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