Il dramma dei moderatori di Facebook: il caso Cognizant

Al giorno d’oggi, Facebook costituisce una delle piattaforme digitali più diffuse e utilizzate a livello mondiale. Essendo un social media, permette di creare gratuitamente il proprio profilo, scrivere post e commenti, condividere video e foto con il resto della community. È proprio in questa fase che la libertà di espressione e di pensiero – diritti inviolabili dell’uomo – diventa un’arma a doppio taglio.

“Il mondo è bello perché è vario” almeno così insegna il detto. Infatti su Facebook si trovano i contenuti più vari: video comici, “meme”, notizie di cronaca, post di sensibilizzazione e informazione su determinate tematiche, messaggi di propaganda politica. A causa di questo spazio di libera manifestazione di idee, opinioni e visioni, ognuno pensa di essere automaticamente legittimato a esprimere “la sua”, ignorando il fatto che esistono degli standard di qualità, delle regole e dei confini che non è possibile, né tantomeno lecito, valicare.

Perché i moderatori sono necessari?

Per rispettare gli standard è richiesto l’intervento di moderatori, che hanno il compito di assicurarsi che sui social fili tutto liscio. Queste figure si occupano principalmente di:

  • Selezionare le notizie che appaiono sulla home page in base alle preferenze espresse da chi detiene il profilo. Alcuni algoritmi di intelligenza artificiale scelgono i post che potrebbero ipoteticamente catturare l’interesse della persona (nulla è lasciato al caso!);
  • Controllare i post che vengono quotidianamente pubblicati su Facebook per garantire che rispettino le condizioni d’uso dei social. Infatti, nel momento in cui qualcuno segnala un post perché ritiene che non sia conforme a queste norme, i moderatori lo analizzano e, basandosi su un manuale operativo, ne decidono la sorte.

Questa seconda parte è la più complessa del loro lavoro. Questo perché i moderatori sono costretti a visionare immagini e video potenzialmente offensivi, denigratori e pericolosi che veicolano un messaggio “non costruttivo” e controverso; per esempio stupri, omicidi, tentativi di suicidio e violenze in diretta, pedopornografia. Per questo motivo molti professionisti, a lungo andare, riscontrano diverse problematiche a livello psicologico.

Il caso Cognizant: le mansioni dei moderatori

Cognizant è una delle società esterne a cui Facebook appalta la revisione quotidiana dei contenuti segnalati dagli utenti. La sede – localizzata negli Stati Uniti, precisamente a Phoenix in Arizona – conta circa 1000 lavoratori.

Come spiegato precedentemente, il lavoro dei moderatori consiste nel controllare che Facebook non venga invaso da contenuti estremi di carattere pornografico, violento, di incitamento all’odio, al razzismo, al bullismo o a qualsiasi altra forma di discriminazione. Questo mestiere, in sostanza, porta il dipendente a rimanere seduto per circa otto ore al giorno davanti al pc a leggere post molto aggressivi, violenti, complottisti, offensivi verso determinate categorie di persone, oppure verso il genere umano in senso più ampio. La visione di questi contenuti rischia di provocare conseguenze irreparabili sulla vita e sulla mente di chi li ispeziona.

Le condizioni di lavoro

Le condizioni di lavoro all’interno dell’azienda risultano essere molto stressanti, non solo a livello psicologico, ma anche per i ritmi sostenuti e per la poca comprensione e considerazione rivolte ai dipendenti. Gli ambienti sono abbastanza adeguati, il vero problema riguarda il tempo che i moderatori devono impiegare e la quantità di contenuti che sono tenuti a visionare al giorno. Infatti, i moderatori sono costretti ad analizzare circa 1000 contenuti, ossia più di un post ogni trenta secondi in un turno di appunto otto ore. Fortunatamente, la situazione attualmente è migliorata perché è stato imposto un nuovo limite di massimo 500 contenuti a turno, che però sono comunque eccessivi.

Per quanto riguarda invece le pause, ogni dipendente ha diritto a due pause di quindici minuti; a queste se ne aggiunge un’altra di mezz’ora per il pranzo e una pausa “benessere” di nove minuti in cui è possibile distrarsi e ricaricare le proprie energie. Alcuni utilizzano questa pausa per fare un piccolo snack, altri per pregare, come nel caso dei colleghi musulmani (fino a che è stato chiesto loro di smettere); altri addirittura la utilizzano per fumare marijuana e stordirsi per sopportare meglio il lavoro.
Una delle lamentele principali, inoltre, è rivolta alla situazione dei bagni. Questi sono troppo affollati e si rischia di sacrificare l’intera pausa soltanto per raggiungerli e attendere in coda per poi tornare alla propria postazione.

La retribuzione

Il salario viene definito “ai minimi termini”. La paga oraria si aggira intorno ai 15$; molti dipendenti ritengono che sia irrisoria rispetto alla fatica, alla dedizione e alla pressione a cui sono sottoposti giorno dopo giorno.
Inoltre, i dipendenti contestano fortemente il fatto che il loro guadagno sia nettamente inferiore rispetto a quello di chi lavora nell’azienda di Zuckerberg. Infatti, un dipendente di Facebook annualmente guadagna all’incirca 240mila$, contrariamente a un collega Cognizant, il cui guadagno ammonta a meno di 30mila$ annui.

Conseguenze del lavoro sui dipendenti: le testimonianze

Le ripercussioni a livello mentale e psicologico dovute al lavoro di moderatore sono visibili. Un articolo scritto da Casey Newton per il sito di tecnologia The Verge racchiude le testimonianze di circa dieci persone, tra dipendenti ed ex dipendenti della Cognizant, in cui vengono raccontate le varie esperienze, facendo riferimento alle condizioni di lavoro inadeguate, sia dal punto di vista della mansione che degli orari e per il clima soffocante. La maggior parte degli intervistati ha lavorato presso l’azienda per un anno al massimo e dichiara di aver avuto effetti estremamente negativi sulla salute psichica.

Chloe

Una ragazza di nome Chloe ha raccontato della sua esperienza durante i corsi di preparazione per diventare moderatore. Per metterla alla prova le era stato mostrato il video dell’accoltellamento di un uomo. A quel punto la ragazza aveva affermato, correttamente, che il contenuto doveva essere rimosso. Una volta tornata al suo posto era uscita immediatamente dalla stanza per mettersi a piangere. È evidente che l’aver assistito a quell’atto cruento l’aveva particolarmente turbata.

Randy e il PTSD

Un ragazzo, Randy, racconta un’esperienza simile a quella di Chloe. Nel suo anno di permanenza alla Cognizant ricorda il video – che ancora oggi lo destabilizza – in cui un uomo della sua età veniva accoltellato e, ormai morente, invocava il nome della madre. A causa di quest’ultimo, oggi Randy ha sviluppato la fobia per i coltelli e quella di essere aggredito; ha cominciato a dormire con una pistola sotto il cuscino, e la utilizza ogni mattina per ispezionare la casa. Il ragazzo, inoltre, ha rivalutato le sue convinzioni, cedendo sempre più alla visione complottista della società, poiché sottoposto alla visione quotidiana di video che trattavano questo tema. In seguito a questi episodi, gli è stato diagnosticato un disturbo da stress post-traumatico (PTSD) e un disturbo d’ansia.

Razzismo e fake news

Un altro ragazzo ha raccontato della volta in cui ha scoperto che un suo collega voleva comprare un taser perché spaventato dall’idea di dover camminare di notte per le strade e di essere circondato da immigrati. Questo perché influenzato dai contenuti e dalle fake news che leggeva al lavoro, che lo inducevano a essere tendenzialmente razzista.

Daniel e la mancanza di supporto psicologico

Emerge poi che molti dipendenti, dagli USA alla Germania, ricorrano all’uso di alcool e droghe per sopperire ai propri traumi. Un dipendente in particolare, di nome Daniel, ha denunciato la mancanza di supporto psicologico. Alcuni colleghi si erano rivolti allo psicologo presente in azienda ma, nel momento in cui questo evidenziava un problema grave, veniva chiesto loro di trovare un aiuto fuori dall’azienda.

Come ha reagito Facebook?

Dopo la pubblicazione dell’articolo, Facebook ha comunicato in un post che si sarebbe impegnata ad aumentare il controllo sulle condizioni lavorative e contrattuali dei moderatori assunti dalle aziende esterne. Inoltre, ha dichiarato di voler garantire uno stato di benessere ai lavoratori dei loro partner, e che sarà loro dovere esaminare le preoccupazioni dei dipendenti per riuscire a raggiungere degli standard di lavoro qualitativamente alti. Uno degli obiettivi è anche quello di regolamentare la libertà di parola per limitare i danni ai dipendenti, oltre che all’intera società.

 

A cura di

Rebecca Brighton


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