Liliana Segre, ottantanove anni, è nata a Milano il 10 settembre 1930 da una famiglia ebraica laica. La madre muore quando lei ha appena un anno; mentre il padre viene ucciso il 27 aprile del 1944 dai nazisti nel campo di concentramento di Auschwitz, dove lei stessa è stata deportata. Quarantacinque anni dopo il suo rientro a Milano dal campo di concentramento decide di diventare una testimone degli orrori della Shoah. Da allora non si è più fermata, mossa dal bisogno di assicurarsi che una tragedia così non si ripetesse mai più.
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella l’ha nominata senatrice a vita il 19 gennaio 2018 “per avere dato lustro alla Patria con altissimi meriti nel campo sociale”. Lo scorso 24 ottobre 2019, durante una conferenza stampa a palazzo Madama, la Segre ha presentato la sua prima proposta di legge per combattere la diffusione dell’odio, fuori e dentro internet, attraverso l’istituzione di una Commissione contro il razzismo e l’antisemitismo.
La senatrice ha dichiarato che solo una forte reazione politica sarebbe stata capace di fermare la rinascita di un clima di indifferenza, razzismo e intolleranza che lei stessa ogni giorno sperimentava, ricevendo centinaia di insulti e minacce attraverso i social fino allo striscione esposto fuori dal suo appartamento a Milano da Forza Nuova, fatto che ha indotto il Comitato per l’ordine pubblico e la sicurezza ad assegnarle la scorta.
Una battaglia contro i discorsi d’odio
Il 30 ottobre 2019, il Senato ha approvato con 151 voti la mozione della senatrice a vita Liliana Segre di creare la Commissione anti-odio. La notizia è stata accolta da un lungo applauso, ma anche da una serie di polemiche e dall’astensione di novantotto esponenti del centrodestra. Secondo il disegno di legge, la Commissione sarà costituita da venticinque senatori e avrà il dovere di proporre ed esaminare le proposte di legge e, in casi specifici, procedere direttamente alla loro approvazione. Inoltre, avrà la possibilità di promuovere campagne di sensibilizzazione a livello nazionale e a livello internazionale; ma avrà anche il compito di agire attraverso segnalazioni.
La Commissione è stata creata per combattere l’odio online oltre che per individuare e chiudere gli account pericolosi. La possibilità di chiudere degli account ha aperto discussioni sulla possibilità di ledere la libertà d’espressione; questo perché esprimere sentimenti di odio non è un reato. Tuttavia, nel comunicato della Segre si chiariva che l’istituzione della Commissione rappresenta un’azione positiva in linea con la norma che vieta ogni forma di odio presente nel Patto Internazionale sui diritti civili e politici, reso esecutivo dall’Italia con la Legge n.881, 1977 all’ex articolo 20. La stessa legge prevede misure e sanzioni penali contro qualsiasi propaganda a favore della guerra, appello all’odio nazionale, razziale o religioso, che costituisca una forma di incitamento alla discriminazione o alla violenza.
Insomma, contro l’insieme dei fenomeni meglio noti come hate speech, che, secondo il CERD, possono essere discorsi scritti, orali, veicolati nei mass media o su internet, anche solo attraverso immagini o simboli.
Le parole fanno male: l’hate speech
Quando si parla di hate speech, la giurisprudenza italiana è abbastanza ricca di casi che hanno confermato la generale tendenza dei tribunali all’incriminazione per incitamento all’odio. Tuttavia, il tema è controverso per due motivi fondamentali: la legalità o l’illegalità di limitare la libertà d’espressione e, nel caso di incitamento all’odio in rete, l’incertezza su come considerare l’anonimato. Nella fattispecie della diffamazione sul web, c’è un vuoto normativo nel nostro ordinamento, che ha spesso portato all’alleggerimento di questo reato quando commesso online. La rete, al giorno d’oggi, è ancora un luogo piuttosto sregolato dove è difficile identificare i diretti responsabili.
Per quanto riguarda il primo tema, la libertà d’espressione, il discorso è complesso. Nello specifico, la Commissione analizzerà le modalità e agirà contro l’hate speech per combattere l’incitamento all’odio razziale, la xenofobia, l’antisemitismo, l’antislamismo, l’antigitanismo e la discriminazione, in generale, contro minoranze e immigrati. La censura sarà riservata a casi di estrema gravità, una extrema ratio. In ogni caso, questa rappresenta l’estremo opposto della libertà e il male che alcune parole possono fare non può essere calcolato oggettivamente.
Per quanto riguarda l’anonimato non dovrebbe essere considerato uno scudo dietro cui potersi proteggere e, allo stesso tempo, attraverso il quale poter ferire gli altri. La proposta della Segre, infatti, è stata una risposta chiara alla necessità di agire contro il lasciapassare e la mancanza di risoluzioni che, in questi anni, hanno danneggiato la credibilità delle possibili conseguenze che potrebbero derivare dall’hate speech sul web.
Gli attacchi a Liliana Segre
Pertanto, l’istituzione di questa Commissione rappresenta un passo in avanti verso una nuova cultura contro l’hate speech, promossa a livello internazionale e nazionale. Tuttavia, le numerose reazioni negative nei confronti della senatrice a vita hanno provocato un grande sgomento e allo stesso tempo reso tutti noi consapevoli di quanto ancora c’è da lavorare rispetto all’educazione e all’utilizzo dei social media.
Liliana Segre, dopo essere stata messa sotto scorta, ha dichiarato di aver valutato l’ipotesi di lasciare la commissione parlamentare da lei istituita. Lei, che ha dedicato tutta la vita a migliorare il mondo in cui viviamo, davanti all’opposizione di novantotto senatori, le minacce, lo striscione sotto casa e le parole di alcuni esponenti politici contro la sua persona, si sente sfiduciata nei confronti della sua stessa lotta.
A cura di
Silvia Crespi
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