La post-verità: quando i fatti non sono più utili

Nel 2019 affermare con forza che esiste una verità fattuale concreta per tutti è qualcosa di molto difficile, spesso quasi impossibile. Ogni affermazione corre il rischio di trasformarsi solamente in un’opinione personale, quindi controvertibile, qualsiasi sia la sua natura. Che si tratti dell’esito di una ricerca scientifica, di un’analisi politica o sociologica, tutto viene recepito e assimilato con lo stesso grado di scarsa affidabilità.

Nella società moderna, soprattutto attraverso l’utilizzo delle piattaforme multimediali, si è insinuata l’idea per cui tutto sia discutibile, mai definitivamente chiaro, vero o sicuro. La convinzione per cui una notizia è sempre manipolata e inesatta, o che per confutare un concetto altrui basti semplicemente discuterne ignorando qualsiasi dimostrazione logica, è figlia di un concetto già analizzato da politologi e studiosi, ma che negli ultimi tempi ha assunto un’importanza enorme: la post-verità.

Cos’è la post-verità?

Dal 2016, quando l’Oxford Dictionaries scelse come parola dell’anno post-verità (in inglese post-truth), questo termine si è ampiamente diffuso nel dibattito culturale e politico. Il concetto che questo vocabolo sottintende è che in un dibattito, o mentre si presenta un’opinione, la verità e l’oggettività dei fatti perdono di importanza, mentre aumentano la loro influenza presso l’opinione pubblica le convinzioni personali, la sensibilità e l’emotività. Post-verità perciò non sta a significare un superamento in senso temporale, ma più semplicemente un abbandono della verità. Tutto viene considerato confutabile e relativo, e le convinzioni personali possono piegare a loro beneficio dati oggettivi e teorie scientifiche. In questo modo, il concetto stesso di verità perde di senso e si svuota di ogni possibile significato. Questo termine riesce a condensare tutto il cambiamento politico, culturale e ideologico che scuote la società mondiale. Una fotografia semantica dei cambiamenti globali.

La post-verità nella società

La post-verità pervade ogni ambito della società. Dalla politica al rapporto coi media tradizionali, dalla scuola all’educazione, fino a interessare le stesse relazioni sociali tra gli individui. Nella politica degli ultimi anni è evidente come la retorica populista sia diventata dilagante. Lo vediamo con la Brexit ma anche con la politica di Trump negli Stati Uniti, dove i leader hanno preferito cavalcare slogan semplici e immediati, con cui fosse facile entrare in empatia, anche se spesso in aperto contrasto con dati scientifici, sociali e statistici.

In questo modo i leader hanno convinto gli elettori sulla base non di fatti concreti, ma smuovendo gli animi attraverso sentimenti forti e poco razionalizzabili. In questo senso, è emblematica la campagna elettorale del Presidente Trump, straripante di dichiarazioni forti e commenti presentati come incontrovertibili ma che in realtà si sono rivelati inesatti, lacunosi o del tutto inventati. Un esempio recente di questa politica del falso riguarda il discorso sullo stato dell’Unione del 2019, nel quale Trump ha descritto El Paso come una delle città più pericolose degli USA. Lo stesso sindaco della città e i relativi dati statistici in seguito hanno smentito questa affermazione.

Fake News e post-verità

L’utilizzo più frequente di fake news è strettamente legato alla scarsa fiducia nei media, considerati al servizio di una qualche élite nascosta, e nel dilagante attacco al concetto di verità. L’utilizzo di Internet e dei Social Network ha facilitato enormemente la diffusione di notizie false e non verificate. Questo è dovuto al fatto che si tratta di piattaforme in cui il contatto tra utenti è più diretto, ed è estremamente semplice trovare informazioni di qualsiasi tipo. Un mondo in cui tutti possono in potenza diventare dei media non può che portare a una crisi dell’affidabilità delle informazioni, e di conseguenza a scelte individuali e politiche spesso non dettate dalla ragione, ma solamente istintive. Appare perciò necessario che assieme alla diffusione e allo sviluppo tecnologico si incrementi un’adeguata educazione civica digitale. Quest’ultima deve essere in grado di fornire gli strumenti utili per riconoscere le notizie false e per incoraggiare un critico utilizzo dei nuovi media digitali.

Nascita e sviluppo della post-verità

L’affermarsi di questa verità di tutti – cioè il continuo sminuire le versioni ufficiali e scientifiche – nasce principalmente dalla crisi del cosiddetto establishment, bersaglio privilegiato di ogni critica, a cui sono state addossate tutte le iniquità di un sistema che necessariamente diventa ogni giorno più complesso.

Spesso è difficile comprendere e  accettare i fatti per quello che sono e per questo la versione ufficiale che media, politici e mondo accademico presentano non basta più. Non riesce a raccogliere a pieno tutto ciò che la pubblica opinione sente e prova. Ecco che inizia ad aprirsi una crepa tra ciò che viene riportato e raccontato e quello che i cittadini vivono ogni giorno. La post-verità semplifica tutto questo: raccontando ciò che si vuole sentire, le convinzioni personali, che possono essere oggettivamente errate, diventano inconfutabili. La semplicità dona sicurezza. Allo stesso tempo però è preoccupante quanto sia comune ormai che, per non dover mettere in discussione la propria visione del mondo, si preferisca chiudere occhi e orecchie davanti a dati oggettivi.

La verità esiste?

Che cosa sia la verità e se esista è un dilemma filosofico lontano nel tempo, mai del tutto esaurito e sempre posto in discussione. L’avvento della post-verità non è solo un nuovo capitolo di questa questione intellettuale, bensì la messa in crisi della stessa esistenza di fatti oggettivi. Quando le convinzioni personali dominano la coscienza e le scelte individuali, lasciando in secondo piano la realtà, allora si scade in qualcosa peggiore del semplice relativismo. Non siamo all’interno di una filosofia, siamo solamente al servizio di una grossa, ripetuta e ignorante menzogna.

A cura di

Alessandro Pogliani


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