Il caso Iolanda Apostolico e i rischi legati alla Digital Footprint

Il caso Iolanda Apostolico e i rischi legati alla Digital Footprint

Sono trascorsi cinque anni dal 2018 ma sembra un remoto periodo della nostra vita. Forse gli anni di pandemia ci restituiscono ormai tutto quello che è avvenuto prima del 2020 come distante, quasi deformato.

Si trattava di un mondo forse davvero diverso, basti pensare che in quell’anno Mark Zuckerberg si trova a testimoniare davanti al Congresso mentre la Russia di Vladimir Putin ospita la ventunesima edizione dei Mondiali di Calcio. In Italia si insedia il nuovo governo guidato da Giuseppe Conte, al tempo uno sconosciuto avvocato pugliese e Matteo Salvini diventa Ministro dell’Interno, attuando sin da subito politiche estremamente restrittive nei confronti delle ONG che operano salvataggi in mare. In questo contesto, in quel lontano 2018 una donna di 54 anni, originaria di Cassino nel Lazio, ma residente a Catania, mette un Like su Facebook ad un post del marito. Quella donna  si chiama Iolanda Apostolico e di mestiere fa il giudice civile, il post del marito recita invece parole inequivocabili ‘Fa***lo Salvini’. 

Danni collaterali

La storia di Iolanda Apostolico ha occupato la cronaca per diverse settimane. Il 2 Ottobre 2023 la giudice deposita un’ordinanza in cui non convalida il trattenimento di un migrante nei Centri di Rimpatrio, definendo la Tunisia ‘Paese non sicuro’ in contrasto con il cosiddetto ‘Decreto Cutro’ emesso dal Governo Meloni. Sin da subito diversi membri del governo, supportati da testate giornalistiche filogovernative prendono d’assalto il provvedimento concentrandosi non tanto sul contenuto dello stesso quando sulla figura della giudice e sulla sua storia personale.

I profili social vengono scandagliati riportando a galla post, commenti e ‘mi piace’ vecchi di anni, tra cui il famoso ‘Fan***lo Salvini’. La giudice viene messa alla berlina sui social dal Ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, criticata sui giornali e attaccata continuamente sui social network per le idee espresse sul suo profilo e le pagine seguite, che la legano al mondo della sinistra italiana. Iolanda Apostolico in definitiva viene criticata non per la sua sentenza ma per la sua ‘digital footprint’ e il ‘caso Apostolico’ rappresenta quindi una chiara dimostrazione di quanto quest’ultima possa essere dannosa. 

La digital footprint

Questo articolo non intende entrare nel merito della sentenza, ne vuole giudicare se sia giusto o meno che un giudice esprima le sue idee politiche liberamente sui social network. Il ‘caso Apostolico’ per chi si occupa di digitale rappresenta invece un chiaro esempio di quanto possa essere dannosa la traccia di dati che ci lasciamo dietro ogni volta che navighiamo in rete. Per ‘digital footprint’, che in Italiano si traduce in un terribile ‘impronta digitale digitale’, si intende infatti proprio questo, ovvero la scia di dati e informazioni che lasciamo di noi online, risultato di tutte le interazioni che compiamo sul web. Questa impronta si suddivide in dati che controlliamo come post o stories sui social, e altri che invece sfuggono, almeno in parte al nostro controllo quali  preferenze, finestre pop-up o cookies. 

Alcuni rischi

Seppure la ‘digital footprint’ possa sembrare innocua, casi come quello della giudice Apostolico ci dimostrano quanto questa possa rivelarsi pericolosa e lesiva per l’immagine di una persona. I rischi legati alla nostra impronta online sono molteplici. Secondo il Centre for Development of Security Excellence lasciare attivamente numerosi dati e informazioni online ci rende più vulnerabili rispetto a diversi pericoli del web:

  • Campagne di disinformazione;
  • Tecniche di phishing e truffe online;
  • Radicalizzazione politica per indurci a comportamenti violenti;
  • Truffe di ingegneria sociale che utilizzano i nostri dati per manipolarci. 

I rischi per la reputazione

Tuttavia, come dimostra il caso affrontato in questo articolo, il rischio principale rimane quello legato alla nostra reputazione. La maggior parte di noi tra le proprie foto online avrà qualche imbarazzante ritratto adolescenziale durante feste scolastiche di dubbio gusto, oppure like a gruppi tanto in voga agli albori di Facebook come ‘per tutti quelli ke odiano la skuola’ e tutte le varianti del caso. Questi contenuti sono spesso quasi innocui e probabilmente ad oggi risultano divertenti.

Tuttavia, vi propongo un esercizio. Provate a consultare invece il vostro ‘Registro Attività’ su Facebook o Instagram, senza andare indietro di anni ma soffermandosi anche solo all’anno scorso o a due anni fa. Ora chiedetevi se il vostro datore di lavoro vedesse queste informazioni, cosa penserebbe? O se qualcuno volesse scandagliare il vostro profilo con l’intenzione di mettervi alla berlina o di scovare un aggancio per una truffa, cosa troverebbe? In definitiva Il problema della digital footprint sta proprio in questo aspetto e non è necessario ritrovarsi vittime di una campagna mediatica ministeriale perché questa  possa rivelarsi dannosa. 

Strumenti e metodi a tutela dell’utente

Se cerchiamo sul web esistono diverse strategie per cancellare queste nostre impronte ma si tratta principalmente di metodi poco efficaci per stessa ammissione di chi li propone. Il principale strumento giuridico a tutela dell’utente in questo caso è rappresentato dal diritto all’oblio (art. 17 GDPR). Si tratta, tuttavia, di uno strumento puntiforme e singolare che richiede un coinvolgimento attivo e assai gravoso dell’utente stesso. Quest’ultimo deve infatti avviare un processo legale nei confronti di una piattaforma depositaria dei suoi dati al fine di ottenerne la cancellazione. In alternativa rimane sempre la possibilità, laddove si tratti di interazioni attive con la piattaforma come commenti o post pubblicati, di procedere all’eliminazione manuale di queste informazioni.

Un quesito etico: chi può strumentalizzare la nostra digital footprint

È chiaro che  entrambe le soluzioni sopra descritte possano risultare estremamente gravose in termini di tempo o di denaro per l’utente. Si tratta inoltre di un diritto esercitato nei confronti delle piattaforme stesse e non di un qualsiasi attore terzo che decida di fare uso improprio di tali informazioni. La questione in questo caso forse è più etica che di metodo. Seppur noi stessi abbiamo accettato le policy dei siti e dei social network che utilizziamo, è giusto che questi possano essere utilizzati e consultati liberamente da chiunque ci voglia arrecare danno? È normale che domani un giornale possa decidere di scrivere un articolo al veleno su di voi basandosi sui vostri commenti del 2018?

Forse il modo in cui i nostri dati vengono tutelati online deve essere ulteriormente normato, preoccupandosi non solo del come vengano trattati ma anche di quali attori abbiano il diritto di farlo. Le policy dei siti e dei social network che frequentiamo permettono che i nostri dati siano pressoché arbitrariamente utilizzati da queste piattaforme. Questo articolo non vuole offrire una risposta univoca ai quesiti precedenti, quanto piuttosto stimolare un dibattito su questo tema.

Non vi è dubbio che queste informazioni siano pubbliche per nostra stessa decisione e alcuni lettori potrebbero suggerire giustamente di eliminare continuamente qualsiasi attività rischiosa dai nostri profili. Si tratterebbe tuttavia di un processo completamente arbitrario che solleva un ultimo quesito: siamo davvero in grado di determinare quali informazioni possano essere utilizzate per ledere alla nostra immagine, o sarebbe forse meglio possedere strumenti per difendersi indipendentemente dalla nostra capacità critica?

 

Fonti

  • Arakerimath, A., & Gupta, P. K. (2015). Digital footprint: Pros, cons, and future. International Journal of Latest Technology in Engineering, 4(10), 52-56.
  • Burgess, M. (2022) 6 Ways to Delete Yourself From the Internet. Wired
  • CDSE (2022) An Insider’s digital footprint and associated risk. Centre for Development of Security Excellence
  • Galici F. (2 Ottobre 2023) Firme anti-Salvini e post pro migranti. Ecco chi è la giudice che sfida il governo. Il Giornale
  • Merlo, G. (13 Ottobre 2023) Caso Salvini-Apostolico, tutto quello che c’è da sapere sullo scontro tra politica e toghe. Domani
  • Redazione Libero (3 Ottobre 2023) Iolanda Apostolico e il “mi piace” alla foto “Fanc*** Salvini”. Libero Quotidiano
  • Vigevani E. et al. (2019) Diritto dell’informazione e dei media. G. Giapichelli Editore 
  • Weaver, S. D., & Gahegan, M. (2007). Constructing, visualizing, and analyzing a digital footprint. Geographical Review, 97(3), 324-350.
  • cdse.edu

 

Credits

Immagine di copertina: Pexels