Quando parliamo di guerra ibrida, trattamento dei dati personali e privacy, spesso abbiamo la tendenza a sottovalutare i rischi: ci sembrano problemi lontani, poco influenti sulle nostre vite. Ci servirebbe forse un esempio chiaro, concreto, per capirne la portata. Per nostra fortuna, ci ha già pensato Carole Cadwalladr parlando di Ebbw Vale.
Chi è Carole Cadwalladr
Nata nel 1969, cresciuta nel Galles meridionale, si fa conoscere grazie a un romanzo (The Family Tree, 2005); qualche anno dopo si dedica al giornalismo, soprattutto per quanto riguarda la tecnologia. L’interesse per questo ambito deriva da una TED Conference del 2005 a cui ha assistito, in cui si prospettava un futuro migliore grazie ai democratici social network. Collaboratrice presso «The Observer», la sua storia più importante inizia con la Brexit.
Il 24 giugno 2016 il Regno Unito si sveglia apprendendo di essere ufficialmente sulla strada per l’uscita dall’UE. Sebbene i segnali fossero molti, pochi in Europa credevano realmente che il “leave” potesse vincere. I risultati del giorno precedente erano però chiari, seppur non schiaccianti: il 51,89% della popolazione chiedeva di metter fine alla permanenza nell’Unione Europea. Quella stessa mattina la Cadwalladr riceve una chiamata dal suo direttore, con una semplice richiesta: tornare dov’era cresciuta e scrivere un reportage. Così la giornalista parte per il Galles, fermandosi a Ebbw Vale.
La storia di Ebbw Vale
Ebbw Vale è una cittadina con poco meno di 20.000 abitanti, 50km a nord di Cardiff. Un tempo l’economia locale si basava sulla lavorazione dell’acciaio: all’apice della sua produttività, durante la II Guerra mondiale, vi aveva sede la più grande acciaieria d’Europa. Negli anni ’60 gli impianti occupavano circa 14.500 persone; il collasso dell’industria dell’acciaio nel Regno Unito a fine secolo ha portato gli impiegati a 450 nel 2002. Ad oggi tutti gli impianti e le vecchie miniere sono chiusi.
Negli ultimi anni la città ha registrato uno dei più alti tassi di disoccupazione del Paese. La Cadwalladr rimase stupita dalla netta vittoria del “leave” (62%) e per questo decise di indagare a fondo. Arrivata in città, lo scenario che si trova di fronte è totalmente inaspettato: un nuovo college da 33 milioni di sterline, un centro sportivo appena realizzato (parte di un progetto di rigenerazione urbana da 350 milioni), un recente tratto stradale da 77 milioni, una ferrovia con una nuova stazione. I finanziamenti di questi progetti? Arrivano dall’Unione Europea.
Ebbw Vale: un esempio di guerra ibrida
Carole Cadwalladr comincia a far domande per strada: di fronte al centro sportivo un giovane afferma di aver votato a favore della Brexit perché l’Unione Europea non aveva fatto nulla per lui. Ad ogni intervistato, le risposte sono le stesse. Affermano inoltre di essere stanchi di tutti gli immigrati. Non avendo visto in città stranieri, la giornalista approfondisce la questione, scoprendo che Ebbw Vale registra uno dei più bassi tassi di immigrazione del Galles. Gli abitanti sono inoltre storicamente legati alla sinistra laburista, quindi poco aperti ai tabloid di propaganda anti-immigrazione di destra.
Tornata a casa, la Cadwalladr pubblica il suo reportage e viene presto contattata da una cittadina di Ebbw Vale. La donna accenna a contenuti sui social che instillavano paura sfruttando l’immigrazione, in particolare contro la Turchia. Con la prima indagine la giornalista non ottenne nulla: le pubblicità non vengono tracciate, così come non sono pubblici i finanziatori di tali campagne.
Le sue conseguenze
L’aspetto più sconvolgente di questa storia è il rapporto tra la realtà e i social. A Ebbw Vale ci sono un gran numero di cartelloni per ricordare che le opere sopracitate sono state finanziate dall’Unione Europea, come molte altre in Galles. Pubblicità ingannevoli in rete, senza autore o committente noti, sono riuscite a entrare nella testa degli abitanti più di quei cartelli che quotidianamente sono sotto i loro occhi.
La visita ad Ebbw Vale e le informazioni fornite dalla lettrice hanno portato Carole Cadwalladr a continuare a indagare, capendo che la storia di quella città avrebbe potuto essere uguale a quella di molte altre. L’esito dell’inchiesta è riassumibile con le immagini di Mark Zuckerberg di fronte alle commissioni di Commercio e Giustizia del Senato Usa. Sì, perché la storia di Ebbw Vale è la storia di Cambridge Analytica, il più grande scandalo digitale della storia.
Carole Cadwalladr ha subito intuito il valore delle informazioni raccolte e ha contattato Jonathan Albright. Il professor Albright studiava da tempo le dinamiche del web in situazioni simili e per primo le nominò Cambridge Analytica. Facendo le necessarie ricerche e collegando i vari attori di questa storia, la giornalista è riuscita infine ad avvicinare Christopher Wylie. L’uomo ai tempi era direttore delle ricerche alla Cambridge Analytica e raccontò, preso dall’entusiasmo, ciò che avveniva dentro i loro uffici. L’articolo basato sulla conversazione con Wylie ha aperto il vaso di Pandora: la verità appare più chiaramente e l’attenzione pubblica si è rivolta sulla società inglese.
Carole Cadwalladr dopo Ebbw Vale
Il lavoro della Cadwalladr è risultato di fondamentale valore, in un mix di casualità e intuizione, per scoprire i nuovi rischi per le nostre democrazie, minacciate da interessi personali e geopolitici. L’inchiesta mostra infatti collegamenti tra Brexit, Farage (esponente di spicco della corrente antieuropeista), i russi e Trump. Oltre a diversi riconoscimenti, il lavoro di Carole Cadwalladr è stato tra i finalisti del Premio Pulitzer 2019, insieme ai giornalisti del «New York Times», per l’accurata copertura della vicenda.
Se il viaggio della Cadwalladr nella tecnologia inizia a una TED Conference nel 2005, la storia di Ebbw Vale può chiudersi (per ora) con il TED Talk di Vancouver del 2019. La giornalista ha infatti raccontato in quell’occasione la storia del suo reportage e ricordato ai big della Silicon Valley, ai loro dipendenti e investitori, la responsabilità che hanno nei confronti della società. Un discorso che val la pena ascoltare (almeno) una volta.
A cura di
Federico Villa
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