L’enciclopedia del mondo digitale sta assumendo un ruolo sempre più importante nella vita privata e non dell’uomo contemporaneo. Il suo lessico, tuttavia, può risultare familiare oppure estraneo a seconda dei casi. Termini come Spyware, SEO o phishing risuonano nelle nostre menti, ma molto spesso non lasciano un significato concreto alle loro espressioni. Per esempio: che cosa sono esattamente i Fast Data? Ormai il termine è diventato di uso comune insieme ai famigerati Big Data. Ma in che cosa consiste esattamente la differenza? Per spiegarvela occorrerà fare un passo indietro per arrivare al concetto di omnicanalità.
Il termine, secondo la società di consulenza americana, Frost & Sullivan, indicherebbe una strategia di marketing che consiste nella gestione sinergica dei canali di comunicazione digitale (e non) di un’impresa per garantire un migliore servizio al cliente finale. Più aumentano i canali di riferimento, più la rete diventa complessa. Ad esempio, oggi giorno possediamo strumenti quali i dispositivi mobili, le applicazioni, la realtà aumentata e quella virtuale. Essi rappresentano i tools che ci permettono di avere una visione a 360 gradi dell’intero mondo commerciale (e non) che ci circonda.
Ovunque e in qualunque momento
Per permettere agli utenti di rimanere costantemente connessi ai servizi erogati 24 ore su 24 e sette giorni su sette, servono dunque dei codici streaming di informazioni generate da fonti diverse. I Fast Data sono dunque strumenti utilizzati per gestire la vastità del patrimonio informativo ed hanno come caratteristica centrale la velocità.
La differenza dai Big Data
L’espressione in questo caso indica in maniera generica una raccolta di dati molto estesa in termini di velocità, quantità e varietà da richiedere dei metodi analitici attraverso i quali estrarre il loro significato. Con questo termine, dunque, vogliamo indicare la capacità di analizzare e mettere in relazione un gran numero di dati diversi al fine di scoprire i legami tra essi. I Big Data privilegiano la vastità delle informazioni e risultano dunque particolarmente adatti ad analizzare i trend in atto e le iniziative sul piano strategico.
Uno sviluppo in velocità
Per rimanere competitive sul mercato, le organizzazioni non possono più affidarsi unicamente ai ‘vecchi’ modelli tecnologici quali ad esempio proprio i Big Data. L’esplodere dei Fast Data e della loro importanza nel mondo del business è indice di un fenomeno interessante quanto allarmante: la tecnologia corre ad una velocità spaventosa.
Negli odierni contesti imprenditoriali, la velocità con cui avvengono le variazioni dei dati è tale da imporre un’evoluzione costante del modo in cui i dati vengono elaborati e rivisti. Questa avviene quotidianamente per garantire che essi siano costantemente ‘freschi’ e aggiornati per assicurare il miglior servizio al cliente finale. Siamo dunque noi stessi lo scopo di tutto questo.
Ecco perché, per poter cogliere i rapidi cambiamenti in atto, le aziende adottano quelle che si chiamano ‘insight driven’ ovvero delle strategie in grado di sfruttare ed implementare le informazioni rilevanti per creare servizi di ‘customer experience’ eccellenti. Il rischio è sicuramente quello di andare oltre l’esperienza per approdare all’ossessione: le aziende ‘customer obsessed’ rischiano di puntare troppo sull’e-commerce per lasciarsi indietro il prodotto. Insomma la quantità al posto della qualità. Certo una domanda sorge spontanea: quali sono i limiti che noi stessi dovremmo e potremmo imporci? Saremo in grado di fare un passo indietro qualora dovessero svanire? A voi le risposte.
A cura di
Alice Corio
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