Il fact-checking: l’esempio di bufale.net

Con il termine fact-checking si intendono tutte le azioni finalizzate a verificare la veridicità e l’accuratezza delle affermazioni e delle informazioni all’interno di un pezzo giornalistico e di non-fiction. Pertanto, il loro obiettivo macroscopico è segnalare e smascherare le fake news per evitare la disinformazione.

Le tipologie di fact-checking

Il fact-checking si distingue in due tipologie a seconda del momento in cui si controllano le informazioni. Se l’accertamento avviene prima della pubblicazione e della diffusione del pezzo giornalistico, si tratta di ante hoc fact-checking. Invece, se si tratta di una verifica che avviene dopo la pubblicazione dell’articolo, si parla di post hoc fact-checking.

Nello specifico, il primo consiste nella verifica delle fonti ed è un vero e proprio lavoro. I fact-checker sono persone che, nelle redazioni, hanno il compito di verificare se le informazioni sono vere e corrette. Questo passaggio è necessario per poter mantenere la credibilità del giornale. Per quanto riguarda il secondo, il post hoc fact-checking richiede di esprimersi sulla correttezza di un’informazione dopo che questa è già stata diffusa. In particolare, questo approccio non è più solo un’operazione svolta da alcuni soggetti accreditati, ma un vero genere giornalistico diventato virale nel panorama informativo di oggi in cui la fake news è all’ordine del giorno.

Il bufale-detector

Uno dei soggetti accreditati alla ricerca della disinformazione è il portale bufale.net, che si dichiara uno strumento “Antibufala – Fact checking – Antitruffa – Antivirus” a disposizione dei cittadini. Oltre al suo sito web, il portale è molto attivo anche sulle pagine Facebook, Instagram, Twitter e Telegram fino ad arrivare a YouTube e Whatsapp. Per questo motivo, molto spesso i suoi post sono diventati virali e hanno fatto il giro del web.

Nello specifico, si tratta di un servizio gratuito che funziona a partire dalle segnalazioni degli stessi cittadini rispetto a notizie lette sui giornali, sentite alla radio o viste in televisione, che in seguito vengono verificate dagli operatori di bufale.net. Prima di tutto, il controllo inizia dalla lettura delle fonti ufficiali, ovvero le testate accreditate, gli enti, i personaggi coinvolti e i comunicati stampa. Se dall’esame emerge che la notizia non si trova in nessuna di queste, si è in presenza di una bufala. In questo caso, il sito affermerà che l’informazione in questione è una menzogna, solitamente creata per screditare qualcuno o qualcosa, ma anche per sollevare l’indignazione popolare. Inoltre, il portale controlla anche i casi di disinformazione, che avvengono quando le notizie sono rimodellate e intitolate con parole fuorvianti, in modo da condizionare il giudizio delle persone su questioni attuali. Davanti a tali pseudo-siti di informazione, bufale.net di solito ripropone questi articoli ai lettori riscrivendoli sulla base della giusta lettura dei fatti.

Essere o non essere (vero)?

Internet e le tecnologie hanno offerto alle persone l’opportunità mai vista di accedere a un’infinità di informazioni, siti e immagini. Tuttavia, molto spesso ci troviamo davanti a notizie false o parziali, come fossero il risultato di un telefono senza fili che congiunge i due poli di un mondo distratto, veloce e credulone. Inoltre, con l’arrivo dei social media nei quali il pubblico può interagire, commentare e condividere, il fenomeno delle bufale si è moltiplicato esponenzialmente, tanto da essere preoccupante. Come possiamo fidarci delle notizie che leggiamo nel campo minato di disinformazione che è internet?

I servizi di fact-checking sono vari e possono produrre risposte diverse, a seconda dell’ente che li regola e del loro scopo. Tuttavia, è giusto ritenere il loro lavoro di grande utilità; questi servizi sono delle piccole (ma grandi) cartine tornasole con cui orientarsi nella giungla delle informazioni su internet. Infatti, riconoscere l’attendibilità e la veridicità di una notizia è importante per riuscire a essere sicuri delle proprie conoscenze, per imparare e, soprattutto, per evitare di amplificare la disinformazione.

 

A cura di

Silvia Crespi


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