Attraverso lo sviluppo della tecnologia al giorno d’oggi disponiamo di una vasta gamma di mezzi di interazione e di comunicazione come smartphone, pc e tablet. Essi, a partire dalla semplice e-mail fino all’app più moderna, ci consentono di restare più facilmente in contatto con il datore di lavoro. La nuova frontiera del progresso sta pian piano prendendo piede all’interno di ogni contesto della nostra vita, incluso quello lavorativo. Spesso si tratta proprio di una prassi prevista dall’organizzazione aziendale. Se da un lato però, la tecnologia ha agevolato l’esecuzione della prestazione lavorativa in quanto ha permesso di svolgere il proprio compito lontano dalla sede aziendale, dall’altro porta con sé il rischio, per i dipendenti, di essere perennemente connessi. La disconnessione diventa dunque un diritto dei lavoratori.
La modalità di lavoro “always on”, conosciuta anche come smart working o lavoro agile, concede di svolgere la propria attività direttamente da casa con orari più flessibili, in cui la gestione del tempo dipende principalmente dal lavoratore stesso.
Cosa si intende per smart working?
Lo smart working è una forma di lavoro e non una tipologia di contratto. Costituisce un modo innovativo di operare, grazie a strumentazioni informatiche, con tempistiche e orari diversi a seconda dell’organizzazione del singolo lavoratore. A causa del sempre più massiccio utilizzo degli apparecchi tecnologici e della cosiddetta digitalizzazione dell’attività lavorativa, la scelta dello smart working è in notevole aumento. Questo valorizza la responsabilizzazione dei prestatori e la necessità di raggiungere determinati risultati, in un contesto in cui si hanno maggiore libertà e autonomia.
Per garantire chiarezza al riguardo è intervenuta anche la normativa italiana, che attraverso la legge n.81/2017, intitolata “misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”, ha definito, all’art.18, che cosa significa “smart working”, evidenziandone le peculiarità:
- Il lavoro può essere svolto per fasi, cicli e obiettivi;
- Non sono presenti vincoli in merito all’orario o al luogo di lavoro (salvo quelli connessi alla durata massima dell’orario lavorativo giornaliero e settimanale previsti dalla legge o dal contratto);
- È possibile utilizzare strumenti tecnologici per svolgere il proprio lavoro. Per questo il datore si deve assicurare che siano funzionanti e sicuri;
- Il lavoro può essere svolto sia all’interno che all’esterno dei locali dell’azienda.
Questi sono gli aspetti generali. Tuttavia ai fini della regolarità amministrativa e della prova, è auspicabile che le parti in questione stipulino un accordo scritto per stabilire i dettagli.
L’obiettivo di questa norma è tutelare i lavoratori che operano in un regime di lavoro agile per evitare che si ritrovino senza regole, costretti ad orari infiniti, a reperibilità costante e assenza di riposo.
Smart working: pro e contro
Aspetti positivi
- Comunicazione professionale più rapida e immediata tra lavoratori e datori;
- Svolgimento del lavoro in un ambiente più confortevole e informale per il lavoratore;
- Responsabilizzazione del lavoratore, il quale è indotto a migliorare la gestione del proprio tempo di lavoro;
Aspetti negativi
- Impossibilità di staccare pienamente la spina dal lavoro;
- Difficoltà nel tracciare un confine chiaro tra il tempo libero e gli impegni di lavoro, nonché tra la vita privata e quella lavorativa;
- Essere sempre connessi è dannoso. Un lavoro senza pause associato a un impegno mentale costante comporta un alto livello di stress che può nuocere gravemente alla salute.
Cos’è il diritto alla disconnessione?
Il diritto alla disconnessione implica il diritto da parte del lavoratore di non utilizzare costantemente gli strumenti informatici che lo connettono alla sua prestazione lavorativa. In altre parole, può scegliere di non essere sempre raggiungibile e di non rispondere alle comunicazioni di lavoro durante la pausa, senza che questo comprometta la sua posizione.
Questo diritto nasce dall’esigenza di prendere le distanze dal lavoro almeno nel tempo libero, dato che l’utilizzo dello smartphone o del computer per motivi personali porta comunque il dipendente a uno stato di connessione perenne.
Diritto alla disconnessione e reperibilità
Il diritto alla disconessione è fortemente correlato al concetto di reperibilità. È vero che il dipendente ha l’obbligo della pronta disponibilità, ed è altrettanto vero che deve rendersi rintracciabile fuori dall’orario di lavoro. Tuttavia, se sono queste le pretese e se il lavoratore può esercitare il diritto di essere disconnesso, il tempo reperibile dovrà essere remunerato in maniera più cospicua o perlomeno coperto da una corrispondente indennità, stabilita in via continua o in base ai turni.
Normativa sulla disconnessione: Italia vs Europa
Purtroppo in Italia non esiste ancora una normativa che regolamenti, nello specifico, il diritto alla disconnessione. L’unico riferimento legislativo presente fa capo alla legge n.81/2017 che disciplina lo smart working. All’art.19, infatti, prevede espressamente che:
“L’accordo relativo alla modalità di lavoro agile è stipulato per iscritto ai fini della regolarità amministrativa e della prova, e disciplina l’esecuzione della prestazione lavorativa svolta all’esterno dei locali aziendali, anche con riguardo alle forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro ed agli strumenti utilizzati dal lavoratore. L’accordo individua altresì i tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro”.
Nonostante ciò, sono molti i gruppi aziendali, dai colossi bancari alle assicurazioni, dagli operatori telefonici alle società alimentari ad aver inserito nei loro contratti (come risultato di una contrattazione sindacale o una policy d’impresa) il diritto alla disconnessione. Hanno poi anche precisato i momenti dedicati allo stop del lavoro: le festività, il giorno di riposo, le ferie e la malattia.
La Francia
In Francia, invece, sono intervenuti nel 2016 con una riforma contenuta nella Loi du Travail. Quest’ultima prevede il diritto alla disconnessione, fuori dall’orario di lavoro, dei dipendenti facenti parte di aziende che contino più di 50 lavoratori. Addirittura, Orange, la maggiore impresa di telecomunicazioni francese, aveva previsto questo tipo di diritto ancora prima che diventasse una vera e propria legge.
La differenza sostanziale tra Francia e Italia quindi sta nel fatto che, mentre nel primo caso la disconnessione è stata riconosciuta come un diritto effettivo del lavoratore, nel secondo la sua regolamentazione è stata rimessa alla negoziazione tra le parti.
La Germania
In Germania, al contrario, sono state le aziende ad agire in primis. Hanno voluto introdurre nei loro contratti specifiche possibilità di spegnere ogni device e di non rispondere a messaggi e comunicazioni nei giorni di festa o nelle ore riservate alla propria vita privata.
A cura di
Rebecca Brighton
FONTI:
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