Tutti hanno sentito parlare almeno una volta in questi ultimi anni dello scandalo riguardante Facebook e Cambridge Analytica, un esempio di guerra ibrida. Ma come mai questo evento ha sconvolto l’opinione pubblica mondiale? Quali pericoli si celano dietro la pratica del data mining utilizzata dalla società britannica per le fragili liberal-democrazie occidentali? Lo ha spiegato Carol Cadwalladr, celebre cronista dell’ «Observer», durante l’ultimo TED talks svoltosi a Vancouver.
Cambridge Analytica e data mining: lo scandalo dei dati Facebook
Cambridge Analytica è stata una società di consulenza britannica, fondata nel 2013 da Robert Mercer, un imprenditore legato all’estrema destra statunitense. Questa società si occupava di marketing online, sfruttando le tecniche del data mining, ovvero l’estrazione di informazioni utili da grandi quantità di dati e la loro analisi. Il data minig veniva combinato con la psicometria, ovvero lo studio dei comportamenti umani. In questo modo Cambridge Analytica era riuscita a sviluppare un elaborato sistema di microtargeting comportamentale, che possiamo tradurre più semplicemente come l’invio di pubblicità altamente personalizzate ad ogni singolo individuo analizzato dall’algoritmo messo a punto da Michal Kosinski per la società di Mercer.
Secondo Kosinski basta analizzare circa settanta like messi da un qualsiasi individuo su Facebook per conoscere la sua personalità meglio dei suoi amici, 150 per comprenderlo meglio dei suoi genitori e 300 like per superare le conoscenze del suo partner.
Dunque, per poter elaborare il profilo psicologico degli utenti, Cambridge Analytica aveva bisogno di entrare in possesso dei loro dati presenti sui social media e in particolare Facebook. Fu Aleksandr Kogan, creatore dell’applicazione “thisisyourdigitallife”, a fornire questi dati alla società britannica. L’applicazione realizzata da Kogan venne lanciata nel 2014 con lo scopo di creare dei profili psicologici e di previsione del comportamento grazie alle attività svolte online dagli utenti. Quest’ultimi vi potevano accedere attraverso il login di Facebook, che permetteva di iscriversi ad una piattaforma grazie ad una verifica del proprio profilo Facebook, senza creare nuove password o username. In questo modo l’applicazione di Kogan ottenne l’accesso ad informazioni (indirizzo email, il sesso, età, ecc.) presenti su circa 50 milioni di profili Facebook.
Il ruolo di Facebook
La pratica messa in atto da Aleksandr Kogan all’epoca era consentita da Facebook, in quanto al momento del login gli utenti fornivano il proprio consenso a condividere alcune informazioni con l’applicazione. Il problema sorse nel momento in cui Kogan condivise le informazioni raccolte con Cambridge Analytica, violando così i termini d’uso imposti da Facebook, i quali proibiscono ai proprietari di app di condividere con società terze i dati raccolti dai profili dei propri utenti. Nel caso di una trasgressione dei termini d’uso, Facebook può procedere alla sospensione degli account coinvolti, mettendo fine al modello di business creato sulla base dei dati raccolti.
Eppure Facebook non agì nei confronti dell’azienda britannica. Solamente dopo l’autodenuncia della stessa Cambridge Analytica ed essere venuto a conoscenza dell’imminente pubblicazione delle inchieste condotte da diverse testate giornalistiche su questi fatti, il colosso creato da Mark Zuckerberg si decise a intervenire bloccando l’attività di Cambridge Analytica nel marzo 2018.
Dunque si può dedurre che la società di Mark Zuckerberg non fosse consapevole della falla presente nel suo sistema. Christopher Wylie, ex dipendente di Cambridge Analytica nonché fonte principale dell’inchiesta condotta dal «Guardian», afferma però che Facebook era a conoscenza dell’utilizzo illecito di Cambridge Analytica dei dati dei suoi utenti fin dal 2016. Inoltre i giornalisti del «Guardian» hanno riferito di aver ricevuto forti pressioni da parte del colosso americano per impedire la pubblicazione degli articoli riguardanti lo scandalo di Cambridge Analytica.
Così il 18 aprile 2018, il CEO di Facebook Mark Zuckerberg fu chiamato a testimoniare davanti al Congresso degli Stati Uniti d’America. Egli si assunse la responsabilità dell’accaduto, definendolo un errore personale. Queste evento fu significativo perché per la prima volta l’opinione pubblica internazionale si interrogò sui pericoli legati al mondo dei social media e alla guerra ibrida.
Cambridge Analytica e l’utilizzo propagandistico dei dati Facebook
Una volta entrata in possesso dei dati personali di milioni di utenti Facebook, Cambridge Analytica li ha utilizzati a scopo propagandistico. Infatti nel 2016 la società di Robert Mercer fu scelta per la raccolta dati finalizzata alla costruzione della campagna elettorale di Donald Trump. Anche Steve Bannon, ex vicepresidente di Cambridge Analytica, collaborò a questa campagna. Si pensa che la società britannica abbia sfruttato i dati in suo possesso per costruire fake news riguardanti Hillary Clinton e account fasulli pro-Trump. In questo modo Cambridge Analytica ha manipolato l’opinione pubblica,facilitando la vittoria del candidato repubblicano.
Nel 2017 Cambridge Analytica utilizzò i dati in suo possesso per realizzare contenuti social a favore della Brexit. Il«Guardian» e l’«Observer» misero in evidenza i contatti tra la società di Mercer, Bannon e Nigel Farage, leader del partito populista inglese Ukip, principale sostenitore del “leave”. Infatti Carol Cadwalladr afferma che:
“Noi non abbiamo idea delle dimensioni, ma sappiamo con certezza che nei giorni immediatamente precedenti il voto, la campagna ufficiale per il Leave ha riciclato quasi 750 mila sterline attraverso un’altra entità che la commissione elettorale aveva giudicato illegale, e questo sta nei referti della polizia. E con questi soldi illegali, “Vote Leave” ha scaricato una tempesta di disinformazione”.
I soldi di cui parla la Cadwalladr sono stati utilizzati per creare annunci social mirati su Facebook. In essi venivano riportate fake news riguardanti l’Unione Europea e il fenomeno dell’immigrazione, con l’obiettivo di indirizzare gli elettori britannici a votare per il “leave”.
Carol Cadwallader contro Facebook
Durante gli ultimi Ted Talks Carol Cadwallader ha evidenziato i pericoli che si celano dietro lo scandalo di Cambridge Analytica per il futuro delle liberal-democrazie. Grazie alle sue indagini la Cadwallader si è resa conto di come si facile manipolare le persone grazie al data mining. Questa tecnica permette di raccogliere dati e sfruttarli a proprio vantaggio, creando annunci social ad hoc.
Tutto ciò è reso possibile grazie all’omertà di Facebook, per questo motivo l’accusa della cronista dell’ «Observer» pronunciata dal palco dei Ted Talks nei confronti della società di Mark Zuckerberg è molto dura:
“Facebook, stavate dalla parte sbagliata della storia in questa vicenda. E lo siete quando vi rifiutate di dare le risposte che ci servono […]Noi siamo la prova di quello che accade in una democrazia occidentale quando secoli di norme elettorali vengono spazzate via dalla tecnologia. La nostra democrazia è in crisi, le nostre leggi non funzionano più, e non sono io a dirlo, è un report del nostro parlamento ad affermarlo. Questa tecnologia che avete inventato è meravigliosa. Ma ora è diventata la scena di un delitto. E voi ne avete le prove. E non basta ripetere che in futuro farete di più per proteggerci. Perché per avere una ragionevole speranza che non accada di nuovo, dobbiamo sapere la verità.
Data mining: un pericolo per la democrazia?
Carol Cadwalladr continua affermando che:
Il referendum sulla Brexit dimostra che la democrazia liberale non funziona più. E voi l’avete messa fuori uso. Questa non è più democrazia – diffondere bugie anonime, pagate con denaro illegale, dio sa proveniente da dove. Questa si chiama “sovversione”, e voi ne siete gli strumenti. Il nostro Parlamento è stato il primo del mondo a provare a chiamarvi a rispondere delle vostre azioni, ma ha fallito. Voi siete letteralmente fuori dalla portata delle nostre leggi. […]Quello che sembrate ignorare è che questo storia è più grande di voi. È più grande di ciascuno di noi. E non riguarda la destra o la sinistra, il Leave o il Remain, Trump o no. Riguarda il fatto se sia possibile avere ancora elezioni libere e corrette. Perché, stando così le cose, io penso di no”
A cura di
Valeria Vinzia
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