Il termine cybercondria fa parte di quel novero di parole nuove che lo sviluppo informatico ha portato con sé. Si tratta di un vocabolo composto da due termini preesistenti e va ad indicare un perenne stato ansioso, correlato ad una sistematica ricerca di sintomi su internet. Si genera così un circolo vizioso che, in molti casi, porta ad un’autodiagnosi che rischia di essere pericolosa per il soggetto in questione. Per approfondire meglio il concetto si deve necessariamente partire da una definizione del neologismo cybercondria.
Cybercondria: una definizione
Il termine cybercondria è un neologismo coniato agli inizi degli anni Duemila. Esso deriva da “cyber”, che in inglese vuol dire “informatico”, e “ipocondria”, che fa riferimento a un perenne stato ansioso legato a una tendenza ossessiva e costante a sopravvalutare i sintomi di un problema di salute. L’Oxford Dictionary afferma che la cybercondria fa riferimento a:
“una persona che cerca compulsivamente in Internet informazioni su particolari sintomi reali o immaginari di un malattia”.
Mentre i ricercatori dell’azienda Microsoft, Ryen White ed Eric Horvitz, definiscono questo fenomeno come:
“L’infondata escalation di preoccupazioni riguardo una sintomatologia comune, basata sui risultati di ricerca e articoli trovati sul web.”
Cybercondria e overloading information
Questo nuovo disturbo è dunque in gran parte correlato al massiccio accesso a internet, e alla possibilità di ricercare, grazie ad esso, una mole di informazioni fino a poco tempo fa impensabile. Questo sovraccarico di notizie, noto anche come overloading information, è tipico delle società odierne. Esso determina una nuova forma di dipendenza tutta moderna, ovvero la ricerca ossessiva e incessante di qualsiasi informazione. Si tratta di una bocca della verità da consultare, ma con l’incapacità finale di prendere una decisione a causa del sovraccarico di dati.
Nel caso del cybercondriaco la possibilità di ricercare notizie su un lieve sintomo porterà all’apertura di moltissime pagine web, che mostreranno nella maggior parte dei casi malattie gravi connesse ad un semplice mal di testa. Come spiegato in una ricerca condotta dalla Queensland University Of Technology, in tandem con il Csiro di Brisbane e la University of Vienna, supervisionata da Guido Zuccon :
“La colpa è in parte dell’utente stesso e in parte del modo in cui operano questi motori di ricerca. Ad esempio, le pagine sul tumore al cervello sono più popolari di quelle sull’influenza, perciò l’utente è spinto verso questo tipo di risultati.”
In questo modo l’attuale disponibilità di nozioni sanitarie in rete aumenta la probabilità di sviluppare situazioni di ansietà correlate allo stato di salute.
Dimensioni del fenomeno
Nel sopracitato progetto di ricerca è stato evidenziato come il 30% degli utenti adulti americani ha tentato di diagnosticare i propri sintomi mediante indagini sul web. Dopo averli cercati su internet, questi individui tendono a metterli in relazione con gravi disturbi, quali malattie rare o tumori, piuttosto che con problematiche di lieve entità. Questo li spinge a ricercare ulteriori conferme in rete, amplificando così il problema. Stando a questa indagine, negli Usa otto persone su dieci sono ipocondriache, mentre in Italia, in linea con una ricerca condotta dal Censis nel 2012, il fenomeno interesserebbe il 32,4% della popolazione.
La tendenza a interrogare internet piuttosto che il proprio medico è estremamente diffusa ed è piuttosto pericolosa. Un sondaggio realizzato nel 2013 afferma che su più di 3000 cittadini statunitensi, circa otto persone su dieci cominciano a informarsi su un sintomo o una condizione medica attraverso un browser. Per quanto riguarda l’Italia, secondo la IBSA Foundation for Scientific Research, l’88% dei nostri concittadini si affida al web per trovare informazioni sulla propria salute. Inoltre circa la metà si ferma alla consultazione dei primi risultati della ricerca e non verifica se le fonti siano affidabili o no. Il 93,3% di queste soggetti risulta composto da donne.
Criticità del fenomeno
I soggetti ipocondriaci prestano scarsa importanza alle fonti da cui attingono informazioni. Lo stato ansioso li rende inoltre meno inclini a una valutazione obiettiva di ciò che leggono. Questa attitudine è ancora più rischiosa su internet, dove sono pubblicate anche notizie false, o con una scarsa solidità scientifica. Il tutto genera nell’individuo un circolo vizioso di angoscia che lo induce a cercare ulteriori approfondimenti in rete.
Lo studio della Queensland University Of Technology ha dimostrato che solo 3 dei primi 10 risultati ottenuti dai motori di ricerca risultano attendibili in caso di indagini legate alla propria salute. Un altro problema connesso alla ricerca dei propri sintomi on line risiede nel fatto che la maggior parte degli utenti non è in grado di comprendere le informazioni ottenute. Non è dunque possibile sostituire la diagnosi di un medico con una semplice ricerca fatta in rete.
A cura di
Pasqualina Ciancio
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